martedì 7 settembre 2010

emblematici pastori

Ieri a Roma una manifestazione ha portato davanti al Parlamento la protesta dei pastori, che denunciano la situazione scandalosa dell'allevamento ovino e della produzione di formaggio in questo nostro povero paese.
Al dilà, però, delle ragioni contingenti della protesta, mi pare di poter leggere in questa ennesima crisi che ci investe la traccia di una tendenza deleteria che ha coinvolto l'Italia e tutta l'Europa (o forse l'occidente in generale) in seguito alla globalizzazione selvaggia dei mercati. Noi abbiamo le pecore, abbiamo i pastori con una lunga storia di professionalità alle spalle, abbiamo i territori e le loro tradizioni, ma poi delocalizziamo anche queste produzioni che invece dovrebbero essere il fiore all'occhiello della nostra industria alimentare, e soprattutto ci riempiamo le case di formaggi da quattro soldi, prodotti industrialmente, alle volte persino pericolosi (qualcuno ricorda la mozzarella blu?).
Perché?
Io penso che la prima causa sia, al solito, il desiderio di aumentare il profitto di pochi alle spalle di molti.
E la seconda (e più cogente) sia l'oggettivo costo elevato dei prodotti di qualità, che non sono alla portata del consumatore italiano, per due motivi fondamentali.
Anzitutto, non guadagna abbastanza per permettersi dei prodotti non massificati: il mercato del lavoro in contrazione, la generalizzazione del precariato, i contratti a tempo determinato, l'assottigliamento delle pensioni sono problemi reali, che comportano come prima conseguenza la contrazione dei salari e lo spostamento del consumo su fasce di prezzo più basse, in cui anche il livello di qualità si riduce.
In secondo luogo, è condizionato dalla pubblicità e dal mercato onnivoro a comprare senza giudizio, in maniera bulimica: quindi non solo spreca i pochi soldi che ha per prodotti di bassa qualità, ma addirittura si indebita per pagare merci che utilizzerà solo marginalmente, al 20 o al 30% del loro potenziale (si pensi a tutti i computer che infestano le nostre case, o alle attrezzature sportive, o anche solo a tutta la benzina che si spreca prendendo la macchina per fare 2 kilometri di strada, quando si potrebbero percorrere nello stesso tempo in bici). Senza questo genere di sprechi, i soldi risparmiati potrebbero essere convogliati in spese intelligenti, su materie di qualità, controllate e sicure.
Per uscire da questa situazione occorrerebbero politiche economiche e culturali decise, che dessero respiro sia ai portafogli sia ai cervelli. Ma da questo orecchio i nostri governanti non ci sentono, e gli industriali fuggono verso i prodotti finanziari (si veda l'epopea Agnelli).
I pastori sardi hanno molte più ragioni di quelle che lasciano trasparire i TG.

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