venerdì 31 dicembre 2010

Letta (Enrico, purtroppo...)

Ho letto l'intervista di Letta su Avenire a proposito del vergognoso accordo di Pomigliano solo fino alla terza domanda: ormai c'è un limite allo sterco che riesco a ingoiare senza che mi venga il vomito. Il signore in questione ritiene, in quelle poche righe, di poter difendere tre posizioni che sono manifestamente indifendibili.
Primo, che "l'opzione Marchionne" sia inesportabile ad altre realtà industriali italiane: come se non ci fossero altri cento industriali pronti a invocare lo spettro della delocalizzazione per tagliare a loro piacimento i diritti dei lavoratori, in primis quello allo sciopero, che è garantito dalla Costituzione e che l'accordo di Pomigliano, in buona sostanza, ha negato (vedi cosa ne dice Flores d'Arcais sul Fatto di oggi).
Secondo, che la linea di Marchionne non sia stata un ricatto: la solita, vecchia abitudine dei c curiali democristiani di sottilizzare dialetticamente, di spaccare il capello in quattro, di andare a spulciare la Crusca. Se non è ricatto questo, che cosa lo è?
Terzo, che Marchionne dovrà tenere fede agli impegni per una FIAT innovativa e competitiva, altrimenti... altrimenti cosa, il PD gli dirà "cattivone"? L'intera classe politica si è disinteressata di tutta la faccenda, i sindacati hanno ceduto al ricatto, la FIOM è stata isolata e segnata a dito come un appestato, e Marchionnne dovrebbe stare ai patti? E poi: competitività, la FIAT? come dire riscaldamento in un igloo, marchette in in convento di clausura, cavoli a merenda, o qualsiasi altro ossimoro ci venga in mente. E "innovazione" al Lingotto non sanno neanche con quante "n" si scrive. Se questo accordo avesse parlato di emissioni zero, di basso impatto ambientale, di energie alternative... si sarebbe potuto rilanciare anche la sinergia con l'università e la ricerca: è avvilente che i fondi per la ricerca vengano solo da gruppi privati, ma almeno arriverebbero. E avanzando una proposta del genere, il PD avrebbe anche potuto fare bella figura, dimostrare che si interessa anche alle sorti della scuola italiana, e non solo per fare la predica agli studenti che in piazza tirano i sassi e anche peggio perché non sanno più come farsi ascoltare.
Ma quelli niente, né Letta né lo skipper coi baffetti hanno capito niente di cosa sta succedendo, un po' ci hanno provato, ma gli operai, ahinoi, puzzano, e in fabbrica non si sta bene come in qualche salotto, anche non televisivo, per carità.
Il vero problema con il signor Letta e con tutti questi tizi, è che hanno il culo al caldo: non hanno passato un solo minuto in una fabbrica, o in uno qualsiasi dei lavori di merda che toccano a chi non ha la fortuna di una famiglia ricca alle spalle. Non rischiano del loro, tanto meno con questa schifezza di legge elettorale che ci ritroviamo (che avrebbero potuto cambiare quando sono stati al governo, ma se ne sono guardati bene!), che gli permette di rieleggersi in continuazione tra di loro, con tanti saluti alla "democrazia". E se anche perdessero il Palazzo, c'è sempre qualche Fondazione, qualche Centro Studi, qualche Istituto di Ricerca di amici degli amici che li accoglierà a braccia aperte.
Meglio avrebbe fatto a starsene zitto: avrebbe dimostrato di avere davvero rispetto per la gente che fa fatica ad arrivare a fine mese.

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