sabato 5 febbraio 2011

Uh-oh... Marchionne strikes back!

E così, non è passato nemmeno un mese dalla farsa referendaria di Mirafiori che il manager in maglioncino svela un nuovo obiettivo, senza pudore e senza remore: trasferire la direzione della FIAT negli Stati Uniti, da dove amministrare la maxiazienda nata dalla fusione con Chrisler.
Giustificazione: Chrisler ha superato tutti gli obiettivi dell'anno scorso, mentre FIAT, solo per portare a casa il contratto (non la produzione, eh, il contratto!) ha dovuto faticare come un mulo, perché in Italia "si fa troppa politica" (sic!).
Ma in un paese dove il Governo non governa, ma pensa solo a sistemare i guai giudiziari del Presidente del Consiglio; dove una vera opposizione parlamentare non esiste; dove i cittadini non si occupano di politica perché trovano molto più interessante occuparsi di qualsiasi pettegolezzo su questo o quel VIP; dove i vecchi non fanno che recriminare diritti senza ricordarsi che hanno anche doveri, i giovani si rincoglioniscono di televisione e playstation, masse di ragazzine sognano di diventare velina e ammettono che per realizzare il loro sogno sono disposte tranquillamente a darla via a un vecchio anche bavoso, purché dotato degli appoggi giusti; dove madri di minorenni ricevono versamenti in denaro sonante solo perché le figlie chiamano qualcuno "papi"; dove le alte sfere del clero di una religione antica e severa passano il loro tempo a intessere legami politici con i peggio corruttori e ad inventare giustificazioni per le loro trasgressioni di ogni genere; insomma, in un Paese che sta andando a testa bassa verso la rovina, come cazzo volete che si faccia "troppa politica"?
Io ammiro Sergio Marchionne, perché vedo benissimo quello che sta facendo: sta recitando la sua parte, da grandissimo commediante quale è, fingendo di interessarsi alla dinamica democratica, al buon andamento dell'Azienda Italia, agli interessi delle parti, al parere dei Sindacati, alle indicazioni del Governo e persino del Presidente della Repubblica.
In realtà non gliene importa niente: entro il 2013 avrà fatto quello che vuole fare, e tanti saluti a tutti.
Ma in Italia nessuno, per tutto questo tempo, avrà avuto la lungimiranza che serve per sputargli in faccia la verità: che queste sono tutte manfrine, moine, mossette di una commedia che serve a demolire fino alla radice l'edificio democratico di questo Paese, per darlo in mano definitivamente alle oligarchie politico economiche che non vogliono avere tra i piedi nemmeno la voce critica dei (pochi) operai della FIOM.

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