venerdì 4 febbraio 2011

Università

Questo pomeriggio mi ha telefonato un'ex alunna, che ormai è anche una carissima amica, oltre che una collaboratrice in alcuni dei miei progetti danteschi.
Era inviperita perché all'università (l'Accademia di Brera a Milano, mica il CEPU) ha presentato, per un laboratorio, un progetto basato sul Canto XXXIV dell'Inferno di Dante. L'insegnante (Accademia di Brera, una università, mica il CEPU) l'ha subito interrotta, dicendole che l'Inferno ha solo trentatré canti, e che se il suo lavoro era sull'ultimo Canto di Inferno, doveva essere sul XXXIII.
Ora.
L'Inferno ha TRENTAQUATTRO Canti: da quando è stato pubblicato a oggi non sono mai stati di meno. Possiamo anche considerare il Canto I un "antinferno" (e in molti tra i critici ancora oggi lo chiamano così), e così affermare che l'Inferno vero e proprio comprenda solo trentatré Canti. Ma ciò non toglie che il Canto proemiale sia il numero UNO, e che quindi, secondo la matematica, il Canto finale dell'Inferno sia il XXXIV.
Chi non sia in grado di eseguire questa semplicissima operazione, è, semplicemente, un ignorante.
E che cosa fa un ignorante insediato su una cattedra universitaria? Due cose:
1. danneggia gli studenti, che rischiano di crescere più ignoranti di lui;
2. ruba il posto a persone più competenti (o almeno meno ignoranti).
Quindi è ignorante, corruttore di giovani e ladro.
Non credo che in nessun Paese evoluto siano questi i criteri con cui vengono scelti gli insegnanti di università.
Alla facciazza della riforma della signora Gelmini.

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