domenica 20 febbraio 2011

V. Evangelisti, Rex Tremendae Majestatis

Ultimo romanzo di Eymerich, recita il risvolto di copertina, ed effettivamente questo libro segna il finale delle vicende dell'inquisitore domenicano, almeno così come lo conosciamo.
Anzitutto, è scritto e condotto molto bene, assai meglio del precedente La luce di Orione che aveva l'unico pregio di essere ambientato in un'allucinante Bisanzio sull'orlo della fine. Diciamo pure che segna il ritorno alla grande scrittura dei precedenti capitoli della saga di Eymerich, in particolare, secondo me, a Cherudek, Mater terribilis (cui questa ultima fatica rimanda anche per il titolo latino connesso alla stessa visione alchemica) e Il Castello di Eymerich.
Evangelisti tira sapientemente le fila di moltissimi dettagli che erano presenti negli altri episodi della saga, tutti legati alla dinamica alchemica dell'opera al bianco, alla creazione di un sovraindividuo capace di sopravvivere alla morte del corpo e di dominare l'Universo in una dimensione spazio temporale ampliata, nuova, parallela al tempo della storia. E questa soluzione armonizza anche i salti temporali tra le storie ambientate nel Trecento e quelle dei nostri giorni, una caratteristica di tutta la serie, dando una spiegazione plausibile e decisamente completa.
Bello, ben inventato, ben scritto; ma per capirlo occorre conoscere tutto il resto della saga.
E a proposito di quello che dicevo su Eco e il suo ultimo Cimitero di Praga: gli intrecci entro ciascun romanzo della saga di Eymerich e, a maggior ragione, entro tutta la saga, sono terribilmente complessi. Ma Evangelisti non si perita di darcene una scaletta ordinata, spiegandoceli per filo e per segno come se fossimo dei minus habentes. Forse perché ha molta più fiducia nei suoi lettori - e anche un po' più di rispetto...

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