domenica 9 ottobre 2011

Susan Abulhawa - Ogni mattina a Jenin

Secondo me è un libro irrisolto. E certamete è il suo pregio maggiore. Perché questa mancanza di soluzione definitiva rende alla perfezione la condizione esistenziale dei palestinesi, privati non solo della patria e della speranza di poterci tornare, ma anche e addirittura della dignità di uomini e donne per il solo fatto di esistere sulla terra rivendicata da altri. La storia di Amal dalla sua infanzia rubata nel campo di Jenin alla via adulta a Philadelphia e poi di nuovo, e definitivamente, a Jenin si snoda con continui sbalzi da prima a terza persona, cambiando spessissimo soggetto narrante e destinatario, a volte entro lo stesso capitolo, senza soluzione di continuità, in modo che chi legge testi spesso spiazzato, in preda ad una sorta di vertigine, che contribuisce a rendere il sentimento della bambina e dei suoi amici e parenti di fronte alla crudeltà della situazione. Alcune vicende dell'occupazione della Palestina sono raccontate con una crudezza prelevata dalla cronaca di quegli anni, dall'impatto che ebbero sui media internazionali. E dentro alla struttura sfibrata e volatile della narrazione della Abulhawa, queste sezioni che avrebbero potuto essere appelli ruffiani alla partecipazione emotiva del lettore diventano testimonianza lucida e obiettiva della crudeltà umana.
Se non fosse stato così frammentario, avrebbe potuto essere un affresco maestoso della storia di una intera famiglia - una sorta di "Confessioni di una Palestinese". Ma invece diventa un mosaico discontinuo, perché tale è la coscienza della sua protagonista, dimidiata dai lutti, dagli sradicamenti, dalle delusioni, dalle paure.
Persino i caratteri che si agitano sulla scena sono tracciati in maniera coerente a questa impostazione, in modo che la loro essenza sfumi continuamente nel ricordo, che permette ad Amal di sopportare la loro sofferenza - perché se c'è un insegnamento in questo libro, è che il dolore per la tua sciagura è molto più tollerabile di quello che provi per la pena di coloro che ami.
Riferimenti: Prodigy, Omen; U2, Sunday Bloody Sunday; Amos Gitai, Yom Kippur; T.S. Eliot, The Waste Land; Gibram Khalil Gibram, Il Profeta.

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