venerdì 9 dicembre 2011

Pearl S. Buck - La buona terra

È la storia di Wang Lung, contadino cinese, che dalla povertà estrema arriva alla ricchezza solo contando sul lavoro e sul legame con la terra come valore assoluto a cui commisurare qualsiasi scelta o decisione. Sullo sfondo, l'evoluzione della Cina del primo Novecento, le lotte dei poveri contro i ricchi, la modernizzazione lontana e pericolosa, le tensioni politiche e militari.
È un gran bel libro, scritto con sicurezza e cognizione di causa, ben condotto soprattutto nelle dinamiche dei personaggi, che non sono mai macchiette, anche se incarnano certamente dei "caratteri" tipici della cultura cinese, antica e radicata come un enorme albero nella sua terra, nel centro dell'Universo. Ci sono le mogli asservite che non smettono di lavorare nei campi nemmeno per partorire, le cortigiane sfacciate, gli oppiomani, la soldataglia violenta, i braccianti che non hanno nulla, i figli primogeniti e i cadetti, gli affari del commercio, lo studio dei classici, le piastre d'oro e d'argento, ma soprattutto tutta, tutta la sapienza del contadino che vive secondo i ritmi della natura allo scopo di accumulare benessere: la morale molto spiccia del grande edificio confuciano.
Letto in una consunta edizione BUR degli anni '60, con quella carta porosa che si riempie di polvere e profuma di scaffale secondario della biblioteca, ma - ed è stata la cosa più bella, che ha aggiunto godimento al godimento - in una traduzione impeccabile nel suo gusto retrò, una lingua elegantissima che sa di passato, di ragionevolezza borghese, di un placido, bembesco fluire. Stupenda.

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