domenica 31 gennaio 2010

Publio Cornelio Tacito

Mi sto leggendo gli Annales (edizione BUR, 1981), per un personalissimo progetto di recupero di testi fondanti che, per qualche motivo, finora non avevo ancora letto. Tacito è davvero un fenomeno della scrittura: siamo lì sulla vita di Tiberio da più di centoventi (120!!!) pagine, e non mi ha ancora stancato. La traduzione di Bianca Ceva è chiarissima e godibile, ma - proprio per questo - non rende sempre onore alla velocità e all'incisività dello stile tacitiano, e quando pesco uno dei suoi giudizi taglienti, una delle sue rasoiate alla piccolezza e alla incapacità dei politici e dei semplici cittadini dei suoi tempi, vado subito a vedere il testo originale, e mi godo la potenza ineguagliabile di quella scrittura.
Poi mi figuro il confronto con l'Italietta di oggi, fatta di pochi potentissimi e di migliaia di adulatori, delatori, prosseneti, prostitute d'alto rango, maneggioni... e mi dico che, tutto sommato, poco meno di duemila anni sono quasi un battito di ciglia nell'esistenza della nostra specie, e che in effetti c'è davvero poco da meravigliarsi, se in tutto questo tempo non abbiamo inventato nulla, né siamo riusciti a imparare qualcosa dai nostri errori.

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